Whistleblowing: adempimenti e sanzioni

Le aziende che hanno impiegato nell’ultimo anno una media di lavoratori subordinati tra i 50 e i 249, devono conformarsi, entro il 17 dicembre p.v., agli obblighi in materia di whistleblowing, previsti dal D.Lgs. n. 24 del 2023.

In vista della scadenza quali sono quindi gli adempimenti da effettuare?

Quali sono invece le sanzioni previste per la mancata istituzione dei canali di segnalazione?

Cos’è il whistleblowing

Con il D.Lgs. n. 24/2023, il legislatore italiano ha recepito i principi comunitari espressi nella direttiva (UE) 2019/1937 che ha introdotto una serie di norme comuni finalizzate a garantire un adeguato livello di protezione ai whistleblowers pubblici e privati, nell’intento di uniformare le normative degli Stati membri.

Con il termine whistleblowing s’intende la rivelazione spontanea da parte di un individuo, detto “segnalante” (in inglese “whistleblower”) di un illecito o di un’irregolarità commessa all’interno dell’ente, del quale lo stesso sia stato testimone nell’esercizio delle proprie funzioni.

Il segnalante spesso è un dipendente ma può anche essere una terza parte, per esempio un fornitore o un cliente; in particolare si parla di:

  • whistleblowing “interno” quando la segnalazione viene fatta da un dipendente dell’azienda per tramite di canali di segnalazione interni all’azienda. Questi strumenti hanno allo scopo di garantire una via di comunicazione a tutti coloro che sono a conoscenza di illeciti o atti non etici avvenuti all’interno dell’organizzazione.
  • whistleblowing di tipo “esterno” quando la denuncia viene fatta pubblicamente, ad esempio all’autorità giudiziaria o alla stampa.

Indipendentemente dalla modalità tramite la quale la segnalazione è stata effettuata, per poter essere considerata a tutti gli effetti una segnalazione di “whistleblowing”, la denuncia deve riguardare degli illeciti disciplinati dal diritto nazionale o europeo.

Tuttavia, le singole policy e procedure aziendali possono allargare lo spettro di casistiche attinenti, arrivando a coprire comportamenti non etici o non conformi al Codice di condotta.

Ovviamente va tenuto in considerazione che il whistleblowing si riferisce a violazioni di una legge o regolamento, alla minaccia di un interesse pubblico come in caso di corruzione e frode e/o a gravi e specifiche situazioni di pericolo per la salute e la sicurezza pubblica e va distinto da una qualunque “lamentela”, la quale è invece di solito legata ad una questione di interesse personale.

Adozione di un sistema di whistleblowing

L’adozione di un sistema di whistleblowing, un canale riservato per segnalare condotte illecite di cui si viene a conoscenza nel contesto lavorativo, si applica oltre che ai “soggetti del settore pubblico” (art. 2, lett. p) altresì ai “soggetti del settore privato” (art. 2, lett. q) che:
  • hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno 50 lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, indipendentemente dalla natura delle loro attività;
Le disposizioni del D.Lgs n. 24/2023 hanno effetto:
  • a decorrere dal 15 luglio 2023, per le aziende private con più di 249 dipendenti;
  • a decorrere dal 17 dicembre 2023, per i soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, fino a 249.

Per garantire la riservatezza dell’identità del segnalante, occorre attivare canali di segnalazione gestiti da personale dedicato e appositamente formato, eventualmente anche a soggetto esterno autonomo.

Il trattamento dei dati personali e la documentazione relativa alle segnalazioni dovranno essere gestiti rispettando le regole e i principi contenuti nel GDPR.

Sanzioni

Sono previste sanzioni da 10.000 a 50.000 euro, al verificarsi delle seguenti ipotesi:

  • mancata istituzione dei canali di segnalazione;
  • mancata adozione delle procedure per effettuare e gestire le segnalazioni;
  • adozione di procedure non conformi a quelle fissate dal D.Lgs. n. 24/2023;
  • mancato svolgimento dell’attività di verifica e dell’analisi delle segnalazioni ricevute;
  • comportamenti ritorsivi;
  • ostacoli alla segnalazione o tentativi di ostacolarla;
  • violazione dell’obbligo di riservatezza circa l’identità del segnalante.

È prevista anche una sanzione da 500 a 2.500 euro che ANAC (Autorità nazionale anticorruzione) può applicare al segnalante, nei cui confronti venga accertata anche con sentenza di primo grado, la responsabilità civile per diffamazione o calunnia nei casi di dolo o colpa grave.

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